Oggi parliamo di salumi
Benvenuti a tutti e grazie per essere qui. Io sono Cesare Martini esperto di salumi e quello che vi apprestate a leggere è il primo articolo che compare in questa rubrìca che avrò l’onore di curare. Cercherò di essere esaustivo e di non impiegare termini eccessivamente tecnici che potrebbero risultare incomprensibili. Spero di riuscire, attraverso questo e i prossimi articoli che pubblicherò, nell’intento di solleticare la vostra curiosità e arricchire la vostra creatività.
Come recita il titolo, oggi parliamo di salumi, già, salumi.
Ma ci pensate? Dire salumi è come dire Italia in tavola. A differenza della Francia, dove qualsiasi prodotto di salumeria è “Jambon” ossia prosciutto oppure “saucisse”, tradotto, salsiccia. Oppure della Germania paese dove tutta la gamma di salumi è principalmente cotta e molto genericamente denominata “shincher wurst” oppure “Wurstwanner” termini che grosso modo significano salsicce o giù di li.
Da noi invece, nel “Bel Paese”, il solo udire la parola salumi ci fa pensare ad una tavola imbandita di ogni tipo di leccornìe gastronomiche. Taglieri misti di qualsivoglia affettato, contorni di verdure crude, formaggi, frutti freschi e nobile vino. Proprio così, pensare ai salumi sollecita le nostre papille gustative e ci fa visualizzare immediatamente l’immagine di un banchetto pantagruelico.
Pensateci un istante, visualizzate. Sono sicuro che lo state già facendo. Provate a notare un particolare. Avete constatato che all’immaginaria tavola imbandita non ci sono avventori? Nessuno che accenna ad assaggiare, non ci sono volti ma solo le prelibatezze in tavola. Come se il tutto fosse riservato solo ed esclusivamente a noi e solo a noi. Siamo gelosi dei nostri salumi e delle bontà che gli fanno da contorno.
Ora immaginate una zuppa di latte e pane.
Non è la stessa cosa vero? Magari a qualcuno piacerà pure, ma dubito che si possa concepire con la fantasia altro, a parte una tavola apparecchiata a mezza tovaglia, probabilmente a quadretti sbiaditi dal tempo.
Che sia una cena frugale oppure un colorito antipasto, i salumi italiani hanno sempre un ruolo da protagonista indiscusso.
Mi capita spesso di confrontarmi con amici o conoscenti che hanno adottato uno stile alimentare vegetariano oppure addirittura vegano. Tanti per dilagante moda, alcuni per autentiche esigenze legate al metabolismo, altri perché credono in maniera ferrea, per altro legittima, nella difesa strenua degli animali.
Ebbene, a queste persone che non gli si parli di una bistecca, potrebbe essere motivo di accesa discussione ma, basta solleticare il loro ricordo di una fetta di capocollo o prosciutto che sia, che improvvisamente diventano possibilisti. Non tutti certo, ma vi assicuro che una considerevole parte di loro dice: “però una fetta di salame, se è quello che hai fatto tu, quasi quasi la mangerei”.
Questo esempio fa riflettere.
Tutti e dico tutti gli italiani hanno gustato dei salumi, non una ma numerose volte nella loro vita e se ne ricordano. Possibile che da bambini i genitori gli imponessero di mangiar carne e questo li ha fatti allontanare da questo comunque nobile alimento. Di contro, sempre da bambini, i salumi non erano tanto disponibili sulle tavole. Vuoi perché più costosi o anche per la ragione legata al non esagerare, spesso venivano concessi con parsimonia. Come tutte le cose, si dovesse trattare anche di persone, tutti bramano quello che non possono avere.
Ad ogni buon modo, senza demonizzare i vegetariani anzi, avendone grande rispetto, non siamo tutti di unico pensiero. Per questo si dovrebbe prendere coscienza che, salumi si, ma l’elemento primo è la carne. Alimento che ha nutrito l’uomo agli albori dell’umanità. Basti pensare che si consumava carne già prima della scoperta del fuoco e dell’invenzione della parola scritta o comunque non verbale.
La carne non è solo fonte di nutrimento, è cultura è evoluzione, la carne è sapere è tradizione pluricentenaria.
Oggi siamo in possesso di nozioni tecniche e strumentali che un tempo mancavano, però i salumi si sono sempre fatti, le carni migliori venivano rese pregiate impiegando sistemi di frollatura che oggi ci farebbero storcere il naso.
Pensate ai tartari; la famosissima “Tartare de boeuf”, esempio di indiscussa squisitezza gastronomica, prende il nome appunto dai “tartari”, popolo nomade e guerrafondaio che, per intenerire la carne usava metterla tra la sella e il dorso del cavallo, sfruttando l’inevitabile sfregare per renderla più morbida in modo da poterla consumare cruda o cotta.
Il popolo romano già prima di Cristo, usava conservare la carne utilizzando il salnitro che spontaneamente si formava sulle pareti delle cantine. Non sapevano il perché, ma funzionava, la carne si conservava meglio e soprattutto non dava fastidi alla salute.
Essere capaci di unire quello che ci è stato tramandato nei secoli alle nuove tecnologie, per garantire carni sempre ben curate è compito nostro. Come lo è mettere a vostra disposizione tutto il nostro impegno, per fare in modo che voi possiate usufruirne con sapienza e sicurezza.
Nel prossimo articolo ed in quelli che seguiranno vi parlerò delle nostre tecniche di frollatura delle carni, di quali sono gli strumenti giusti per raggiungere lo scopo e delle soluzioni che possiamo mettere a vostra disposizione per far sì che il vostro desiderio, di fare salumi, mangiare finalmente una carne seriamente e gustosamente tenera e al tempo stesso, trarne soddisfazione e profitto possa, con il nostro aiuto, diventare una realtà.
Vi ringrazio per aver dedicato del tempo alla lettura di questo articolo e sperando di aver suscitato in voi interesse, vi do appuntamento alla prossima settimana.
Cesare Martini