La carne buona? È solo questione di tempo di frollatura

Pubblicato da Aldo Miraglia il

frollatura carne buona sergio motta

“La differenza è nella frollatura. Noi facciamo quello che si faceva un tempo e che oggi non si fa più”.

Sergio Motta è una eccellenza italiana della carne frollata e stagionata. Ha iniziato da ragazzino a fianco del padre Giuseppe che aveva una macelleria a Inzago, piccolo paese tra Milano e Bergamo. È cresciuto tra le stradine del paese e il negozio, di lui il padre dice che aveva un dono speciale. Riusciva a sollevare un vitello e a indovinarne il peso esatto.

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Un’altra cosa che hanno fatto sempre insieme era il giro dei fienili, lungo le strade bianche che si inerpicano tra le colline del Piemonte a vedere i buoi al pascolo, guardando cosa mangiavano, di che umore erano. “L’alimentazione è tutto, come negli esseri umani”.

La macelleria Motta: frollatura da decenni

Per anni la macelleria Motta a Bellinzago è stata tappa fissa di tutti gli appassionati di carne stagionata. Trattandosi di provincia, la voce “scoccava di bocca in bocca”, come nella canzone di De Andrè, ma non usciva dalla provincia, finché un giorno Motta racconta ad una giornalista che passava di lì per caso, quella che per lui era una semplice informazione di nessun particolare conto: “Anche Silvio Berlusconi viene a comprare la carne da me”.

La giornalista Brunella Schisa scocca a sua volta la voce che arriva al Corriere della Sera che ci fa un articolo dal titolo: “A Silvio e Veronica rimane in comune il macellaio”.

Da lì Sergio Motta smette di essere un macellaio di provincia e diventa l’eccellenza Motta. Da lui si fa la fila e i sapori della sua carne, in effetti notevoli, diventano di dominio, anzi di palato, pubblico.

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Dalla macelleria al ristorante il passo è stato obbligato e oggi Sergio Motta “sta cambiando il modo di mangiare la carne in Italia”, come titolano i maggiori periodici specializzati internazionali.

Il suo segreto, oltre alla già citata attenzione per il benessere animale alla base della carne di qualità, è naturalmente la frollatura.

“La stagionatura della carne è il momento che intercorre tra la macellazione dell’animale e la vendita. In generale, la distribuzione di massa consente solo pochi giorni, al massimo una settimana. Ma nella mia macelleria, il processo può durare mesi. Il gusto si intensifica e con la carne piemontese riacquista quel sapore autentico e carnoso che si nasconde tra le fibre. Con il giusto tempo e alle giuste temperature, questo sapore viene fuori davvero”.

La frollatura è una tradizione antica

“La frollatura – dice il critico gastronomico Allan Bay nel documentario dedicato a Sergio Motta – è una tecnica antica che ci siamo dimenticati. La grande distribuzione impone i tempi stretti tra la macellazione e la vendita, e il pubblico si è adeguato. Si è diseducato. Se vede una carne non di colore rosso vivo, ma di un rosso più scuro, si allarma, gli sembra che la carne non sia buona. Motta non fa altro che tornare alla tradizione di una volta, all’invecchiamento di una volta, i sapori di un tempo”.

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“La gente – dice Motta – entra nel negozio e chiede tagli di carne nobili, di solito dal quarto posteriore. Ma tutte le parti di un animale sono altrettanto nobili, dalla guancia alla coda. Così ho pensato di aprire un ristorante che servisse di tutto: frattaglie, budella e testa. Bolliti o rosticceria fatti in un grande camino antico.”

“L’ingresso sorprende – ha scritto la rivista Gambero Rosso – se non siete preparati: un grande frigorifero con parete di cristallo. All’interno pendono enormi tagli di manzo piemontese o giganteschi prosciutti stagionati fino a cinque anni. Chiama questo refrigeratore per carne, “la cantina dei sogni“.

Ma come è fatta la frollatura chez Motta? I tempi. Sono tutto. Differiscono principalmente per umidità e aerazione e dimensioni dei tagli messi a frollare. Bovini adulti, di razza Piemontese, allevati nel migliore dei modi. Senza quest’ultima caratteristica, è completamente inutile parlare di tempi lunghi.

“La bistecca deve avere almeno 60 giorni di frollatura, poi se ne ha 90 o 120 è perfetta”.

Da Motta le celle di frollatura sono una quindicina tra macello, macelleria e ristorante, tutte a zero gradi. Variano in base alla percentuale di umidità. Se è maggiore, il peso della carne diminuisce di poco, se è minore, il contrario.

Alimentazione, razza, età: quelli sono i fattori fondamentali. “Meglio del bue Piemontese non c’è niente – dice Motta – è la razza numero uno al mondo, è sempre tenera, a tutte le età, perché ha fibre sottili. I capi adulti, di 4 o 5 anni, sono perfetti per questo trattamento: la carne è matura e buona, c’è lo strato di grasso giusto”.

Ottimizzare tempi e costi di frollatura

La frollatura viene effettuata sulle mezzene intere: “gli anteriori, in genere impiegati per bolliti e lunghe cotture, se ben maturi si possono usare anche per tartare o cotture alla brace, per esempio il biancostato. Cuocio i pezzi grandi sulla brace anche per 8 o 10 ore e sono buonissimi”. In questo modo si valorizza anche la parte che ha minore valore commerciale e si riequilibrano le spese sostenute tenendo le carni ferme per tanto tempo.

La tecnologia è data dalle celle di maturazione, ma la tecnica e la passione sono frutto di decenni di applicazione sul campo. “Quando entro in cella a zero gradi è come entrare nella neve, si crea una muffa nobile, che protegge la carne e la fa maturare”.

Uno dei segreti della frollatura-Motta è prendere un quarto destinato allo spiedo e coprirlo con 50 chili di sale per una notte, il sale si scioglie a contatto con l’umidità, aggredisce le muffe e lava la carne che a quel punto è pronta.

“C’è una parte esterna più scura che di solito viene eliminata ma Eugenio Roncoroni del ristorante Al Mercato di Milano mi ha fatto provare la parte più asciutta di una bistecca con un taglio di due mesi, che stavo per eliminare: era buonissima. E poi c’è il calore che la sanifica per bene, sulla griglia per esempio”.

Ma come viene recepita dai clienti? “Qui molto bene, il risultato sul piatto è ottimo, molto tenero e questo convince. Al ristorante facciamo scegliere, avvisiamo che più è fresca meno tenera e intensa come sapore”.

È carne per appassionati, sintetizza Motta. La comunicazione conta tantissimo, quella della frollatura è una battaglia da vincere, bisogna ad esempio far sapere che una carne di tale qualità, anche cruda e senza condirla, dà sazietà molto prima e se ne consuma meno”. Ma più buona. Molto di più.

Categorie: frollatura

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